“ Ogni sistema nasce da un frammento” K.W. F Schlegel
Qui, negli spazi senza luogo delle nostre città, orfani di una grande e confortante narrazione che le giustifichi di fronte ai nostri occhi, il senso di tutto si dissolve nell’aria come polvere nella burrasca, come cellulosa nel tinello dei solventi, lasciandoci in balìa di un paesaggio inquieto e incompleto, costellato di frammenti cifrati.
Tutte le immagini sono scattate su pellicola ILFORD.
Hanta, il protagonista di un romanzo di Hrabal, lavora da trent’anni al macero, pressando carta straccia e libri vecchi. Con metodo molto particolare, di nascosto ma più spesso che può, Hanta mette in salvo piccole frazioni di quei libri destinati alla distruzione, di Erasmo e di Lao-Tzu, del Talmud e di Nietzsche, costruendosi un sistema organizzato di frammenti, che trasforma nella sua personale e privata enciclopedia. Il frammento per Hanta non è una parte manchevole del tutto, ma l’elemento più piccolo su cui poggia il peso della sua intera esistenza e la salvezza –insieme alla birra- dalla sua solitudine.
La dignità della parte rispetto al tutto non si è mai resa così necessaria come in quest’epoca di deserti affollati di cose, in questa solitudine troppo rumorosa in cui ognuno di noi, per conto proprio, è consapevole di condividere con Hanta qualche punto sull’orizzonte della vita. Qui, negli spazi senza luogo delle nostre città, orfani di una grande e confortante narrazione che le giustifichi di fronte ai nostri occhi, il senso di tutto si dissolve nell’aria come polvere nella burrasca, come cellulosa nel tinello dei solventi, lasciandoci in balìa di un paesaggio inquieto e incompleto, costellato di frammenti cifrati.
Alla maniera di Hanta, il nostro sguardo si posa su questo paesaggio collezionando un inesauribile sistema di infinitesimali parti, piccoli residui di mondo dai quali possiamo ricavarne il senso. In tutto ciò l’occhio e la visione giocano un ruolo decisivo: perché se il respiro del frammento si consuma in un istante (Augenblick), allora il suo aspetto si dà solo in un colpo d’occhio (Augen-blick). “Ex parte enim cognoscimus “, conosciamo, infatti, solo per frammenti. Sono convinto che ad Hanta sarebbero piaciuti gli scatti di questa mostra. Le fotografie di Andrea Garzotto esposte in questa piccola collezione costituiscono i frammenti di un discorso visivo contemporaneo del quale, lo si sappia o no, siamo partecipi tutti. Nel suo scarno bianco e nero artigianale, Andrea ritaglia pezzi, residui, scarti di reale, porzioni di una visione sgualcita e scorticata, dal quale non ci aspettiamo nessun messaggio consolatorio. Andrea interroga soprattutto la città: la sua seconda (o terza? o quarta?) vita di architetto affiora inconsciamente non solo in questa scelta, ma anche nel modo in cui gli oggetti –o meglio, i loro frammenti- si organizzano all’interno del quadro. Ma non c’è calcolo né simmetria nella sua ricerca: il detrito, il residuo, la porzione, non rispondono all’appello classico delle regole auree. Ciò che lo guida in questo percorso errabondo è una ragione appassionata, una passione dello sguardo che governa la sua mano e ferma l’istante. La chirurgia dei tagli inferti al paesaggio visivo viene così equilibrata dal romanticismo del suo cervello ottico: le superfici e gli spazi inquadrati nelle foto di Andrea appaiono come accarezzati dall’obiettivo meccanico con una sorta di lievissimo tocco malinconico. Quasi tutte le prospettive inquadrate si presentano, per un precisa scelta filosofica, come incombenti, subìte e patite in forma di un’accentuata vertigine inversa. E’ come se il mondo si ripiegasse su di noi, invitando il nostro sguardo ad indugiare sui dettagli, sulle crepe di una rivoluzione mancata, sui fori ancora fumanti di un assedio sanguinoso e drammatico. Il buon Dio, diceva Warburg, si cela nel dettaglio. E’ per questo, forse, che decise di collezionarne molti nel suo Atlante. Più semplicemente, i frammenti di realtà catturati da Andrea, nel loro piccolo lavoro di testimonianza, invitano la nostra vista apatica ad esercitarsi nel tentativo (per nulla certo, per nulla scontato) di decifrarli.
Testo di Giuseppe Santonocito